Quando è necessario lo specialista e a chi rivolgersi

Mamma, ho mal di testa

La cefalea, nonostante sia molto frequente (si tratta della patologia neurologica più frequente al mondo), è una condizione complessa, risultante dall’interazione tra fattori biologici, psicologici e ambientali.

Sebbene molti la ritengano una patologia che riguarda soprattutto gli adulti, in realtà colpisce il 40% dei bambini e ragazzi sotto i 16 anni, con esordio anche durante la scuola primaria e, meno frequentemente, in epoca pre-scolare.

La Società Internazionale per lo Studio delle Cefalee (Headache Classification Committee of the International Headache Society – IHS), ormai alla sua terza Classificazione, ha identificato un numero elevatissimo di cefalee, racchiuse in un manuale di oltre 200 pagine, suddivise in 3 categorie:

  • cefalee primarie;
  • cefalee secondarie;
  • nevralgie a carico dei nervi cranici.

È chiaro che la valutazione di questo disturbo, seppur frequente, richiede un’attenta valutazione da parte di un occhio clinico esperto, in modo da poter giungere a una diagnosi precisa e, conseguentemente, a una terapia mirata. Spesso, anche in età pediatrica, è necessaria un’azione coordinata tra i diversi professionisti della salute dell’età evolutiva per poter garantire la miglior cura e presa in carico del piccolo paziente.

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A chi devo rivolgermi se mio figlio lamenta mal di testa?

Lo specialista della cefalea in età pediatrica è il Neuropsichiatra Infantile (NPI).

Per una corretta diagnosi, innanzitutto è fondamentale un’anamnesi esaustiva e completa, unitamente all’esame obiettivo neurologico. Lo scopo della valutazione NPI è quello di distinguere tra una Cefalea Primaria e una Cefalea Secondaria.

Una Cefalea Primaria è una cefalea senza una causa sottostante, nella quale esiste il sintomo (il mal di testa), ma senza che vi sia qualcosa che la provochi. Una Cefalea Secondaria, invece, è una cefalea che insorge in correlazione temporale con un’altra patologia per la quale è stata documentata la possibilità di determinare cefalea; si tratta, quindi, di una cefalea attribuita ad altra patologia preesistente, e non solo associata a essa.

Fortunatamente, il 90% delle cefalee in età pediatrica è primaria, tra cui le forme più frequenti in assoluto sono la Cefalea tensiva e l’Emicrania (che, da sole, costituiscono il 90% di tutte le cefalee primarie dell’età evolutiva).

Tra le cause più comuni di cefalea secondaria, invece, troviamo:

  • patologie oculistiche, come vizi refrattivi non corretti, oppure anomalie nella motilità oculare come strabismo o ambliopia;
  • patologie otorinolaringoiatriche, come sinusiti o ipertrofia delle adenoidi e/o delle tonsille;
  • disturbi della cavità orale e dei denti, quali malocclusione, bruxismo o alterazione dell’articolazione temporo-mandibolare;
  • patologie malformative della giunzione cranio-cervicale (ad es., la Malformazione di Chiari);
  • malattie cerebro-vascolari;
  • tumori cerebrali.

Ogni cefalea, primaria o secondaria, presenta caratteristiche particolari e ben precise, che, unitamente all’esame obiettivo, permettono allo specialista NPI di porre diagnosi e di indirizzare la famiglia a eventuali ulteriori accertamenti, ma solo se ritenuti necessari.

Nella maggior parte dei casi, invece, i bambini giungono allo specialista NPI solo dopo aver svolto numerose altre visite e accertamenti (come visite oculistiche, visite ORL, RM encefalo), senza, di fatto, ottenere un beneficio clinico, e con dispendio economico e di tempo per l’intero nucleo familiare.

È l’anamnesi, e quindi le caratteristiche della cefalea, unitamente all’obiettività clinica a indirizzare ad altre visite specialistiche. Scegliere lo specialista giusto permette di risparmiare tempo e denaro!

Mio figlio soffre di mal di testa, come me; quando è necessaria una valutazione specialistica?

I figli dei genitori cefalalgici (ovvero, che a loro volta soffrono di mal di testa), solitamente giungono a valutazione dopo un tempo più lungo rispetto ai figli di genitori non-cefalalgici.
Il motivo di questa scelta è probabilmente da imputare alla poca preoccupazione che il sintomo evoca in un genitore, il quale, magari, identifica delle analogie tra il proprio disturbo e quello lamentato dal proprio figlio.

In realtà, qualunque cefalea, indipendentemente dalla familiarità o meno del disturbo, meriterebbe una valutazione. La patogenesi di una cefalea, infatti, è sempre multifattoriale, in cui a fattori “genetici” (e quindi ereditari) si associano i cosiddetti fattori “ambientali”.

L’ereditarietà di un disturbo può aumentarne la predisposizione, ma non garantisce al 100% che lo stesso si manifesterà. Inoltre, non è improbabile che il figlio di un genitore emicranico possa manifestare una cefalea di tipologia diversa, magari tensiva, o magari legata a vizio refrattivo oculistico: la valutazione specialistica serve, quindi, a formulare una diagnosi e a indicare un trattamento specifico per quel tipo di mal di testa.

La cefalea si cura?

Assolutamente sì; ma attenzione: quale terapia dipende dal tipo di mal di testa.

La terapia della cefalea si divide in sintomatica e profilattica.

La terapia sintomatica è, appunto, rivolta al sintomo, allo scopo di ridurre la durata e/o l’intensità del dolore; è un trattamento che si assume “al bisogno”.
La terapia profilattica, invece, ha lo scopo di agire preventivamente, riducendo frequenza, durata e/o intensità degli attacchi, in una prospettiva a medio-lungo termine; in questo caso, si tratta di una terapia che va assunta quotidianamente, solitamente a intervalli ciclici.

In ogni caso, prima di assumere qualunque trattamento (sia sintomatico che profilattico) andrebbe consultato lo specialista, poiché non di rado si assiste a uso improprio e protratto (ed errato) di farmaci da banco, così come di terapie di profilassi utilizzate in maniera incongrua e senza che vi siano i criteri di somministrazione, venendosi in questo modo a bruciare, di fatto, opportunità terapeutiche.

Quando prendere in considerazione il sintomo?

La risposta, in questo caso, è molto semplice: sempre.
Occorre, a questo punto, una precisazione: qualunque disturbo fisico lamentato da un bambino merita un particolare riguardo, prima di tutto da parte dei propri genitori. Attenzione, questo non significa allarmarsi o, ancor peggio, allarmare il proprio figlio. Significa prendere atto dell’esistenza di un malessere, qualunque sia la causa sottostante e qualunque età abbia il bambino; significa dare dignità e importanza a quello che il proprio figlio, attraverso il sintomo, racconta. E agire. Un bambino che sta male merita un genitore pronto ad ascoltarlo.

L’età pediatrica rappresenta, infatti, il periodo di massima fusione tra mente e corpo, il che significa che qualunque difficoltà psicologica spesso trova una sua espressione anche attraverso un malessere fisico, e, viceversa, qualunque disturbo fisico o malattia si ripercuote sul benessere psicologico del minore.
La stretta giunzione tra mente e corpo impone attenzione e riguardo, quindi, a qualunque sintomo, e qualunque sia la causa sottostante (sia essa grave, o meno grave).

Quando occorre preoccuparsi per una cefalea?

Esistono le cosiddette “Red Flags”, campanelli d’allarme che impongono una valutazione specialistica rapida, ambulatoriale oppure mediante accesso in Pronto Soccorso.

Quando prestare particolare attenzione alla cefalea:

  • quando insorge in maniera improvvisa e/o violenta;
  • quando presenta caratteristiche diverse dal consueto mal di testa, con progressivo peggioramento;
  • quando è così violenta da determinare risvegli notturni, specialmente se accompagnati da vomito;
  • quando si presenta immediatamente al risveglio mattutino, specialmente se accompagnata da vomito;
  • quando si accompagna a febbre E alterazione dello stato di coscienza e/o della vigilanza;
  • quando peggiora durante sforzi fisici o durante manovre che aumentano la pressione intraddominale (colpi di tosse, defecazione).

Dott.ssa Bucci Rossana

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